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Lo strano caso dell’ibis sacro…

Erano venerati in Egitto ma lì si sono estinti e qui, dove li ha portati l'uomo, predano gli altri nidi

(Mantova, 14 Luglio 2017) - di Alessandro Pavesi, GRAM Gruppo Ricerche Avifauna Mantova

L'ibis sacro Threskiornis aethiopicus (Latham, 1790) appartiene all'ordine dei Pelecaniformes, famiglia Threskiornithidae e al genere Threskiornis. Questa particolare specie è inconfondibile per il colore bianco di corpo e  ali, in netto contrasto con il nero del becco, delle zampe, degli apici delle remigranti, della testa e del collo (questi ultimi due risultano nudi), con alcune penne nere presenti sul groppone.

Se visto in volo, la parte inferiore dell'ala risulta nuda e dal colore rosso durante il periodo riproduttivo, mentre il resto dell'anno questa linea che percorre interamente l'ala è di un colore più tenue, solitamente rosato.

In passato l'ibis sacro viveva in Egitto, dov'era venerato come una divinità, considerato la rappresentazione terrena del Dio Thot. Al giorno d'oggi, l'ibis sacro è estinto in Egitto ma ampiamente diffuso in Africa sub-sahariana e Iraq sud-orientale; è inoltre presente in Madagascar e Aldabra con due varietà (sottospecie) diverse, a riprova della sua elevata variabilità.

Negli areali di origine predilige ambienti umidi, dove acqua e fango abbondano. Queste zone sono fondamentali per la loro sopravvivenza dove trova infatti cibo in abbondanza, in particolare insetti, pesci, anfibi, crostacei e molluschi anche se non disdegna semi, piccoli mammiferi, uova, lucertole e persino carogne. Insomma un animale estremamente abile nell'adattare la propria dieta alle offerte alimentare dall'ambiente in cui vive.

Ma com' è possibile che spesso nelle risaie del Nord Italia o nelle paludi vengano osservati diversi individui di questo particolare uccello?

La risposta non è immediata, gli ornitologi infatti si chiedo da tempo se si possa trattare di alcuni individui arrivati in modo naturale alle nostre latitudini; questa ipotesi è però immediatamente smentita dal fatto che le popolazioni più settentrionali (Egitto) ormai siano estinte. Di conseguenza il loro insediamento nel nostro paese non è di origine naturale ma dovuta all'uomo.

Secondo alcuni studiosi i "nostri" ibis potrebbero essere di origine francese; tra gli anni 80 e 90 del secolo scorso diversi individui in Francia fuggirono da parchi zoologici e da giardini privati, adattandosi all'ambiente  e successivamente riproducendosi con successo, dando vita a popolazioni stabili. Alcuni individui facenti parte di queste popolazioni sarebbero poi arrivati fino in Italia. Altri studiosi invece ritengono che possano essere scappati direttamente da zoo o da allevatori privati italiani. In ogni caso si tratta di animali sfuggiti dalla cattività e adattatisi all'ambiente naturale, come spesso succede con le specie esotiche.

In Italia l'ibis sacro è ormai nidificante naturalizzata (questo significa che si tratta di una specie introdotta in tempi recenti e presente allo stato selvatico con popolazioni in grado di autosostenersi e di diffondersi spontaneamente), migratrice e svernante.  Durante il periodo della nidificazione, costruisce una piattaforma composta da rami, foderata con rametti, piume o erba, dove depone solitamente 3-4 uova bianche che saranno incubate da maschi e femmine indistintamente per 23-25 giorni, da cui nasceranno altrettanti piccoli.

L'introduzione da parte dell'uomo di questa specie esotica ha purtroppo creato impatti notevoli sulla biodiversità delle aree invase. In Francia, dove la popolazione è molto alta, si verificano casi di predazione di nidi di altri uccelli; nel giugno 2004 nell'Ovest della Francia, ad esempio, una sola coppia di ibis sacri è riuscita a distruggere una intera colonia nidificante di 30 coppie di beccapesci (Thalasseus sandvicensis),  nutrendosi delle loro uova. Altre predazioni analoghe si sono verificate in colonie di sterna comune (Sterna hirundo), mignattino comune (Chlidonias niger), pavoncella (Vanellus vanellus), cavaliere d' Italia (Himantopus himantopus) e germano reale (Anas platyrhynchos). Nel sud della Francia, invece, l'ibis sacro è risultato un competitore vincente rispetto a garzette e aironi guardabuoi per la conquista dei siti di nidificazione, forzando queste ultime ad abbandonare la colonia. In Francia, per contenere l'espansione della specie, hanno così deciso di interdire l'accesso alle discariche grazie a specifiche coperture, che per gli ibis sono una fonte di cibo inestinguibile.

In Italia invece le concentrazioni più elevate si trovano in Piemonte, Pianura Padana e nel Delta del Po, ma ci sono osservazioni anche nel Centro-Sud. In Piemonte, ad esempio, si contano nuclei estremamente numerosi, soprattutto nelle provincie di Novara e Vercelli, dove frequenta in particolar modo le risaie. Interessante sottolineare come nella provincia di Vercelli si riproduca già dal 1989. Attualmente è in netta espansione e diverse coppie si riproducono in sovrapposizione con i siti di nidificazione di diverse specie di aironi (siti tipicamente chiamati garzaie) anche in altre regioni rispetto a quelle sopracitate. In queste colonie miste, situate spesso su alberi vicino all'acqua, l'ibis risulta essere un micidiale competitore rispetto alle specie presenti, come garzette, aironi guardabuoi e nitticore.

Nel mantovano, nel Parco del Mincio in particolare, la specie si vede già da diversi anni, ed ha già raggiunto presenze importanti; nel maggio scorso, ad esempio, in un campo nei pressi dell'abitato di Soave (Porto Mantovano), in occasione dell'allagamento del campo stesso a scopo irriguo, si sono contati più di 40 individui di ibis sacro.

Purtroppo, dati i risvolti negativi prodotti dalla presenza dell'ibis sacro sulle specie tipiche del nostro territorio (di elevato valore per la biodiversità locale), è fondamentale monitorare l'espansione continua anche nella nostra provincia e valutare le più idonee azioni rivolte alla salvaguardia di tutte le specie.

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Ibis sacro, Foto di Alessandro Pavesi, GRAM
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Ibis sacro, foto di Achille Peri, GRAM
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Coppia sul lago di Mezzo, foto Sergio Ferrari GEV Parco Mincio
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