Iniziamo il nostro viaggio gastronomico proprio dalle ricette che portano ancora le tracce di quei tempi di digiuni forzati.
Nell'Alto Mincio, i cuochi di casa e gli chef dei ristoranti non buttano mai via il pane raffermo, ingrediente prezioso per uno dei piatti più diffusi sulle tavole delle colline: i capunsei. Eredità - secondo qualcuno - di emigranti tirolesi (alle porte di Volta Mantovana esiste un Borgo Tirolo), ricordano da lontano proprio i cugini altoatesini, i canederli. Il pane vecchio (rigorosamente pane comune, non condìto) viene impastato con Grana Padano, burro, brodo di carne, noce moscata, uova, prezzemolo e, volendo, aglio. Si formano dei gnocchetti affusolati, da tuffare nel brodo bollente per la cottura prima di cospargerli di burro fuso, salvia e formaggio grattugiato. Ma c'è chi li arricchisce con il ragù, chi con il burro e chi con le erbe aromatiche fa un soffritto, come a Guidizzolo. Esiste, poi, una versione che ricorda i fasti dei Gonzaga: a Solferino nell'impasto vengono aggiunti gli amaretti sbriciolati.
Ha origini antiche un'altra prelibatezza simbolo dei colli: la torta di San Biagio. Per gustarla bisogna salire n collina, a Cavriana. La base della torta è friabile come una crostata, mentre il ripieno alla mandorle è soffice e goloso. Durante i festeggiamenti del patrono San Biagio (il 3 febbraio) dalle finestre delle case attorno alla piazza esce il profumo irresistibile delle torte, sfornate in gran quantità dalle famiglie per fare felici amici e parenti.
Una deviazione di pochi chilometri in territorio veronese consente ai visitatori gourmet di scoprire la specialità di Valeggio sul Mincio, i tortellini, che qui chiamano "nodi d'amore" (in paese vi potranno raccontare anche la relativa leggenda, d'epoca viscontea). Ripieni di carne di manzo, pollo e maiale, fatta prima stufare con gli aromi, i tortellini di Valeggio risalirebbero, secondo tradizione, addirittura al 1300. Il vanto dei mastri pastai è la sfoglia sottile, che non copre, ma anzi esalta, il sapore del ripieno. Tutti i principali ristoranti di Valeggio li hanno in carta, serviti in brodo di carne o con burro e formaggio.
Anche nel Mantovano il tortellino la fa da padrone. Dal nord al sud della provincia lo chiamano agnolino: il ripieno varia da zona a zona, forse addirittura da famiglia a famiglia. E' il primo piatto delle feste, del giorno di Natale o del Capodanno. Cotti in un brodo di carni miste oppure in brodo di gallina o cappone, gli agnolini possono anche prendere il posto dell'antipasto, serviti in una scodella alla quale si aggiunge un abbondante sorso di lambrusco: è il "sorbir d'agnoli", in dialetto "bevr'in vin".
Continuando il tour fra colli e castelli dell'Alto Mantovano, caratteristiche di altri due luoghi mozzafiato delle colline moreniche, Monzambano (Città del vino dal 2003 e da qualche anno Città dell'olio) e Ponti sul Mincio, sono le fuiàde, le tagliatelle all'uovo: non mancano mai nelle feste popolari, insieme con i capunsei, e sono condite con il ragù d'anatra o la selvaggina. Esiste una loro versione più sottile, da cuocere nel brodo di carne, magari aggiungendovi qualche fegatino di pollo.
Per chiudere in dolcezza un pranzo in collina ci si può concedere i fogassìn di Ponti sul Mincio, dolcetti cotti sulla graticola ottenuti impastando farina bianca, strutto, zucchero, lievito, scorza di limone e vino bianco secco.
Stessa cottura per i chisulìn, dolci o salati, tipici di Monzambano e Volta Mantovana, ottimi come dessert nel primo caso e per arricchire i salumi nel secondo.